13th December 1937 marks the date of one of
the cruelest episodes of the Second Sino-Japanese War, the so-called Nanjing
Massacre (南京大屠杀, Nánjīng dà túshā). That day
the Japanese troops captured the capital of China, at that time Nanjing. The
Massacre of Chinese civilians then continued for the following six weeks, with
the foreigners left in the city engaged in the establishment of a safety zone
to help save people. The most famous indeed was the German national John Rabe.
Nowadays,
seventy-seven years later, that day is still remembered in the city through the
loud sound of anti-aircraft sirens that interrupt the city's noisy background every
13th December at 10 a.m., as if we still were in war times.
If
you live in Nanjing, you can forget the history of the city everyday but the 13th
of December: for me, the sound of the sirens is so penetrating that you have to
stop and think of what happened on those days and of those 300,000 victims.
In
order to keep the memory of this tragic event always alive, in 1985, the Nanjing Municipal Government built the
Nanjing Massacre Memorial Hall (侵华日军南京大屠杀遇难同胞纪念馆, Qīnhuà Rìjūn Nánjīng dàtúshā tóngbāo
Jìniànguăn) in the area of Jiadongmen (nearest subway: Line 2 Yunjin Lu
station, 云锦路. This station is closed
on 13th December for safety reasons). Just like many museums and
halls about historical events in China, it doesn’t have an entrance fee to pay,
a measure taken by the government to enhance the interest of Chinese people for
their own history (from governmental point of view).
It’s
a huge exhibition hall of 28,000 square meters, all in gray and black. It
includes an exhibition of historical documents, a site where the skeletons of
victims that have been buried there are exposed. In the yard, there is a cross
(which is kind of interesting, since Chinese are not culturally and
historically speaking Christians) with the engraving of the dates of the
massacre.
When
I visited it, I already knew the story of the Massacre (I had two exams on
Contemporary Chinese history!), but, although I had read about it, seeing the
skeletons and the original objects and documents had a strong effect on me, I
was kind of feeling the brutality of the events.
If
the weather could be controlled to match it with the mood of the place, I
imagine the visit to start on a grayish cloudy day, even a bit rainy, to end
with the sun peeping out from the clouds while passing through the garden with
the “Peace” statue and the doves. It is as if the end of those events could
give the hope of a better and less violent future.
It
may just be “propaganda style”, but I still think that the message given by the
memorial hall is still topical.
ITALIANO
13
dicembre 1937: ha inizio uno degli episodi più crudeli della Seconda Guerra
Sino-Giapponese, il Massacro di Nanchino (南京大屠杀, Nánjīng dà túshā), quando le truppe
giapponesi conquistano la capital della Cina, all’epoca Nanchino. Il massacro di civili cinesi è proseguito per le successive sei settimane,
con gli stranieri rimasti in città, il più conosciuto dei quali fu il tedesco
John Rabe, impegnati nella costruzione di una zona di sicurezza per cercare di
salvare quante più persone possibili.
Oggi, settantasette anni dopo, quel giorno è il “giorno
della memoria” in città: ogni anno alle 10 di mattina le sirene antiaeree irrompono
e interrompono il rumoroso sottofondo quotidiano, come se fossimo ancora in
tempo di guerra.
Chi vive a Nanchino può effettivamente dimenticarsi la
storia della città per 364 giorni all’anno, ad eccezione del 13 dicembre: per
me il suono delle sirene è così penetrante che ti obbliga a fermarti e a
ripensare a ciò che è accaduto in quei giorni alle 300.000 vittime.
Per mantenere viva la memoria di quei tragici eventi, nel
1985 il governo della Città di Nanchino ha costruito il Museo del Massacro di Nanchino
(侵华日军南京大屠杀遇难同胞纪念馆, Qīnhuà Rìjūn Nánjīng dàtúshā
tóngbāo Jìniànguăn) nell’area di Jiaodongmen (fermata della metro più
vicina: Linea 2, Yunjin Lu, 云锦路. La stazione è chiusa il 13 dicembre per ragioni di sicurezza).
Come molti musei cinesi a tema storico, anche il Museo
del Massacro non prevede un ingresso a pagamento, un provvedimento deciso dal
governo per invogliare i cittadini cinesi a conoscere la propria storia (dal
punto di vista governativo).
Il Museo copre un’area di 28.000 metri quadrati, sia
coperti che all’esterno, con gli edifici di colore grigio e nero. Il Museo è
diviso in sezioni, inclusi un’esposizione di documenti storici e un sito in cui
sono esposti gli scheletri delle vittime, nel luogo in cui sono stati
ritrovati. All’esterno si trova una croce colossale (elemento interessante
considerando che i Cinesi, culturalmente e storicamente, non sono cristiani),
in cui sono scolpite le date di inizio e fine del massacro.
Quando ho visitato il Museo conoscevo già la storia (si ringraziano
i due esami di storia cinese contemporanea!), ma, nonostante ciò, la vista
degli scheletri e dei documenti originali ha avuto un effetto forte su di me,
come se sentissi la brutalità degli eventi su di me.
Se si potesse controllare il tempo atmosferico per
combinarlo con lo spirito del luogo, mi immagino l’inizio della visita in una
giornata grigiastra e nuvolosa (anche un po’ piovigginosa), per concluderla con
il sole che fa capolino dalle nubi quando si passeggia nel giardino posteriore,
in cui si trovano la statua della “Pace” e delle colombe, come se la fine del
massacro potesse dare speranza per un futuro migliore e meno violento.
Può essere solo propaganda, ma penso che il messaggio che
il Museo vuole trasmettere sia comunque attuale.
Tutte le foto di questo post sono di Tatiana Travain.
Entrance /
Ingresso
Ingresso
Stone that remembers the number of victims /
Stele che ricorda il numero di vittime
Cross /
Croce
Garden /
Giardino
Peace Statue /
Statua della Pace